Recensione:
Opera prima di Almodòvar, eccessiva, volgare e, a tratti, rivoltante per alcune scene. Un film che va visto come uno sfogo dopo la dittatura franchista, una satira tagliente contro il finto perbenismo della Spagna di quegli anni. Null'altro può giustificare un lungometraggio così estremo e amorale.
Il regista descrive il suo microcosmo di donne trasgressive e indipendenti, trans e omosessuali, che tornerà nella sua successiva filmografia, in maniera esasperata, ai limiti del credibile. Lo spettatore rimane spiazzato, a metà tra il divertito e il disgustato. Un film ironico, dove non esistono buoni né cattivi, ma solo personaggi estremi. Anche il poliziotto, che dovrebbe essere tutore dell'ordine e della disciplina, nei comportamenti viene meno alla sua professione. I moderati non esistono nella mente e nel mondo dell'allora 29enne cineasta, molto lontano dai suoi recenti capolavori (Tutto su mia madre, Parla con lei e Volver), meno riflessivo e più divertito.
A livello tecnico, il film sembra avere qualche pecca nella recitazione dei comprimari (a parte la brava protagonista C. Maura) e parecchie falle nel montaggio. E' un film vecchio nella confezione ma assolutamente moderno nei contenuti. Se uscisse oggi nelle sale farebbe ancora scandalo e sarebbe oggetto di spietata censura.
Ed è proprio qui che sta la forza del film, nella sfrontatezza che ha nell'esprimere le sue idee, non curandosi giudizio degli altri.
Un film semplice da criticare, difficile da capire.