Trama:
Mike Enslin (John Cusack) è un famoso scrittore di fantasmi. Alla stregua di San Tommaso crede solo in ciò che esclusivamente vede con i propri occhi, perciò viaggia da una città all’altra dell’America alla ricerca di leggende paranormali da screditare.
Dopo essere venuto a conoscenza di una camera particolarmente famosa per l’alto numero di suicidi, la 1408 del Dolphin Hotel, decide di recarvisi noncurante del pericolo.
Recensione:
Girata quasi interamente all’interno della stanza, le musiche ben si prestano a rendere il clima di tensione all’interno delle mura, inizialmente immacolate. Il coinvolgimento è immediato con la frenesia della telecamera chiusa in spazi angusti e inquietanti, coadiuvata dai repenti sbalzi di ritmo che portano lo scrittore in un vortice claustrofobico di delirio e realtà.
Le azioni sempre più esagitate sfumano il confine fra follia e lucidità e grazie anche a cambi improvvisi di visuale, non senza spaventi ci si trova immersi non più nella stanza dell’hotel, ma fra le pareti della mente umana, rappresentata Mike Enslin.
In un increscioso di disperazione interiore, l’annichilimento è inevitabile: Mikael Hafstrom ci regala ambientazioni in continua metamorfosi fino alla devastazione totale, il buio della mente umana vinta dalla sua parte oscura, il male, parassita vorace di angosce e traumi mai superati.
Il film è l’ennesima trasposizione cinematografica di uno degli innumerevoli bestseller di Stephen King, portavoce letterario dell’eterna contrapposizione fra bene e male. 1408 è una delle tante facce del prisma di cui lo scrittore americano si è servito. La stessa che, fra l’altro, Mikael Håfström rielabora in senso cinematografico presentandoci un prodotto conforme all’originale, mirato all’intrattenimento senza pretese classistiche. E dopo varie delusioni alle spalle, realizza un horror coinvolgente e inquietante, andando oltre alle aspettative.