Trama:
Mija è una gradevole signora di mezz'età che si occupa del nipote adolescente e, per lavoro,
accudisce un anziano immobilizzato. Quando le viene diagnosticato l'Alzheimer la donna decide di
tacere la notiza alla famiglia e di procedere come se non fosse accaduto nulla. Ma la condotta del
nipote la metterà presto di fronte alla propria impotenza e alle difficoltà della vita.
Recensione:
Mija si è appassionata tardi alla poesia. Seguendo un corso di composizione poetica decide di
provare a scrivere. Si arma quindi di un quaderno e là appunta ogni pensiero che le viene in mente,
semplicemente osservando il suo mondo con occhi nuovi. Oltretutto la malattia che le è stata
diagnosticata è di quelle che non perdonano, e un quaderno su cui annotare i propri pensieri può
essere di aiuto. Ma quello che di certo lei non immaginava, quando ha iniziato ad osservare il
mondo sia pure in tarda età, è il fatto che si sarebbe trovata ad aprire gli occhi anche su tutta una
serie di cose che non aveva notato in precedenza. Ad esempio il fatto che suo nipote è una persona
arida e che il suo comportamento ha forse spinto al suicidio una ragazza. Contattata dai genitori dei
complici di suo nipote, lei scopre la verità dei fatti e si fa carico anche di risarcire la madre della
vittima. Ma le sue entrate sono misere e suo nipote neanche si rende conto di quel che lei deve fare
per affrontare i suoi problemi. Mija continua così in silenzio a osservare e appuntare quel che vede,
mentre cerca faticosamente di uscire dalla difficile situazione in cui si trova.
Mija è l'ultima delle eroine tragiche di Lee Chang-dong. Un regista che ama appassionatamente le
sue protagoniste, ma la cui devozione le spinge di frequente in situazioni estreme. Le sue donne
sono spesso sole, e la loro forza viene sempre messa a dura prova dalla vita. Mija non fa eccezione,
come altre prima di lei nei lavori di Lee, si trova costretta a fare cose che mai avrebbe immaginato,
per porre rimedio a situazioni che neanche ha provocato. La poesia nel suo cuore è soffocata dalla
realtà che i suoi occhi le rimandano, e quando lei si accorge che quest'ultima ha alla fine vinto, si
trova gravida di una poesia in cui non può più credere. Le sue parole, scaturite da un cuore pieno di
bellezza che però non le è di nessun aiuto per resitere alla vita, verranno alla luce soltanto l'ultimo
giorno del suo corso di poesia. E sarà l'unica della sua classe ad aver prodotto qualcosa.
Il parto di Mija è in realtà il suo lascito e l'unica traccia di quello che lei ha sentito nell'ultimo
periodo della sua vita. La poesia può certo alleviare il dolore ma mai, in nessun caso, si può opporre
a quello che la vita riserva. Lee segue con amore la sua protagonista nelle sue peregrinazioni e le
sue scelte ci vengono offerte come momenti in cui la donna oppone se stessa e la sua scarna forza
al mondo che la travolge a causa delle sua immotivata ingenuità. Dopo tutto stiamo parlando di una
donna che è nonna e accudisce il nipote, quindi ci si aspetterebbe un'incisività maggiore, se non
altro nell'educazione del ragazzo. Ma Mija è debole, illusa e si fa carico delle malefatte altrui, come
se fosse il suo destino quello di pagare per gli altri.
Lee Chang-dong racconta con la consueta maestria un'altra storia di donne tre anni dopo Secret
Sunshine e, ancora una volta, senza nessuna possibilità di lieto fine. Il suo racconto si ammanta di
poesia, come a voler diluire l'impatto di una vita tragica, che dolorosamente si trascina fino alla
fisiologica fine delle illusioni: la morte per avvenuta consapevolezza che nulla potrà esser cambiato.
Quindi il tutto è rimandato ai silenzi di cui la storia si fa portatrice e alle lunghe pause tra i pensieri
sconnessi della fragile Mija. E in quei momenti in cui nulla pare accadere vediamo mutare la sola
espressione dello sguardo di una persona che, quando la situazione si fa insostenibile, ha una sola
possibile scelta. E non è mai una scelta facile quella che porta alla rinuncia.
La regia accurata è ormai il marchio di fabbrica di uno dei più abili cineasti coreani dell'ultima
generazione e, anche in questo caso, Lee crea un universo interiore affascinante, ma
straordinariamente angusto. Il luogo della poesia è anche quello delle illusioni e quindi la spaesata
Mija non ha nessuna possibilità di scrivere una poesia, se prima non trova il coraggio di guardare
alla sua vita. E la sua vita ci è raccontata nel silenzio, col solo ausilio di immagini dolenti e delle
magnifiche espressioni di una convincente Yun Jung-hee, che motivano fortemente la scelta della
fuga, una fuga operata dapprima attraverso le parole, poi con l'aiuto della malattia che induce a
dimenticare e infine con la morte.